Ospite o ospitante
Maestra ma perché si dice ospite sia chi riceve che chi è ricevuto?… Siediti qui che provo a spiegartelo… Un giorno ho preso un aereo e sono andata in Francia. Dicevano che era un lavoro molto importante quello che dovevo fare, che mi avrebbero rimborsato le spese di viaggio e che forse prima o poi riceverò anche un piccolo premio per il lavoro svolto. Ecco allora capirai che ero un po’ confusa. Non aveva per niente l’aspetto di un lavoro ma piuttosto di una vacanza quel viaggio. Quando vai a lavorare, anche se fai il lavoro che ti piace, un po’ ti scoccia alzarti presto, preparare la valigia e stare seduto delle ore o rimanere pigiato in una folla per arrivare sul posto in cui lavorerai. Bene, io non ho fatto fatica ad alzarmi alle 4 del mattino né ad aspettare in coda che controllassero se dentro la mia borsa ci fosse troppo shampoo o le forbicine per le unghie. Così ho preso un aereo e sono andata a lavorare. Ero felice di andare a lavorare ma continuava a sembrarmi strano che mi avrebbero restituito i soldi spesi o che sarei stata “ospite” in casa di qualcuno che neanche mi conosceva. Sai caro, a me non hanno mai regalato niente nella vita ed è stato sempre difficile ricevere qualcosa in cambio per quello che facevo. Ma appena arrivata ho capito subito che avrei fatto un lavoro importante: ero stata mandata lì per imparare la Francia, la Spagna, la Croazia e il Belgio e poi venire a spiegarlo a te e ai tuoi compagni. Così ho spinto al massimo il volume dei miei sensi perché è così che studio io…e un po’ anche tu… Ho respirato l’aria della scuola che ci ospitava e ho sentito odore di abbracci e baci sulle guance che sanno di doccia fatta ogni mattina. Ho sentito il gusto di un caffè un po’ annacquato, ma offerto col sorriso aperto di chi ti dice con gli occhi “fammi compagnia, anch’io sono stanco”. Ho sentito l’odore di mosto fra i filari di viti che mi ha riportato indietro da bambina quando andavo a prendere il vino alla cantina con papà. Ho sentito sulla pelle quell’umido ocra del fiume che ti resta appiccicato alle narici come quando pedalavo sul lungo fiume a Torino. Al mattino la nebbiolina sottile ti entra nelle ossa, proprio come in Pianura Padana o nelle campagne di casa nostra, ma poi alle 10 del mattino il sole ti scalda e hai l’impressione di trovarti a Zafferana o a Viagrande o chesso io da queste parti, così fai fatica dopo un paio di giorni a capire che ti trovi lontano da casa. Anche perché nel frattempo i tuoi ospiti ti hanno dato la camera migliore, asciugamani morbidi, ti fanno assaggiare tutte le specialità della cucina locale, tirano fuori il vino migliore, ti portano in giro a vedere i posti più belli. Così, vedi, in un batter d’occhio ti senti a casa tua e fai fatica a non sparecchiare o a mettere a posto e pulire il bagno dopo che l’hai usato. Poi succede che a lungo andare sei tu che prepari il caffè per il tuo ospite o compri il vino italiano da offrire a cena. E piano piano ci si conosce e poi ci si riconosce e alla fine non ti ricordi se sei stato invitato o hai invitato tu. Ma il più delle volte quando te ne rendi conto sei già schiacciato in coda all’aeroporto, aspettando con pazienza che controllino che nel tuo bagaglio tu non abbia troppo shampoo o le forbicine per le unghie. Poi ti siedi sul sedile dell’aereo e mentre guardi l’ala che entra nelle nuvole, stai già pensando al vino che servirà a tavola quando i tuoi ospiti saranno i tuoi ospiti, agli asciugamani puliti che metterai sul loro letto che sarà il tuo perché è il più comodo. Al caffè annacquato che offrirai loro cercando di farli sentire a casa e all’odore di doccia del mattino quando li bacerai sulle guance come piace a loro. Ecco, se ti avessi detto : ospite è un nome comune di genere promiscuo, l’avresti capito?
Valeria La Rocca